Creare il nostro spazio nel mondo
Dal Ma giapponese alla stanza di Virginia Woolf: un invito a prendere spazio
Questa è la prima newsletter che ti scrivo. E come ogni prima volta, c’è un misto di emozione, trepidazione e il classico ma chi me l’ha fatto fare?
Spoiler: me, con molto entusiasmo e l’ansia che mi perseguita da 30 anni.
Oggi nasce Rompere il silenzio, uno spazio per riflettere, scambiarci idee, libri, film, e farci domande - quelle scomode comprese - davanti a un gin tonic immaginario (se vuoi quello vero, ci mettiamo d’accordo).
In questo numero:
📌 Cos’è il Ma (間), una riflessione sullo spazio
📚 Un saggio brillante
🎥 Due film da guardare
🎧 Suoni e relax
🔗 Link detox e la gioia di perdersi qualcosa
🌀 Una domanda per te
🍷 Guilty pleasure
📰 Notizie ai margini
📌 La parola del mese
Spazio
In Giappone esiste una parola bellissima per parlare di vuoto: Ma (間). Si può tradurre in “pausa”, “intervallo”, “spazio tra le cose”.
Se in Occidente temiamo il vuoto, in Oriente questo è sacro: non è un’assenza da riempire, ma una presenza silenziosa che permette al pieno di esistere.
Il vuoto è considerato come lo spazio necessario perché il soffio vitale possa agire in un flusso continuo. È uno spazio vuoto, pieno di senso.
È il vuoto fertile, quello che dà ritmo, respiro, possibilità.
Il Ma si applica anche ai rapporti umani: è lo spazio che lasciamo alle altre persone, il tempo che diamo alle relazioni per crescere. Ma non è solo uno spazio vuoto, è un elemento che influenza il modo in cui le persone si avvicinano, interagiscono e si relazionano tra loro.
Questo nostro spazio nel mondo non va cercato, va creato. Dallo spazio fisico a quello digitale, mentale, affettivo, politico.
Spazio come relazione
Mi piace pensare allo spazio come qualcosa che permette l’incontro, il movimento, la possibilità.
Nel tempo il mio sito è diventato questo: uno spazio che ha creato rete.
Perché spazio è anche ciò che lasciamo a chi ci circonda: nei dialoghi, nella comunicazione, nella rappresentazione. È una questione etica, non solo linguistica.
La parola del mese nasce da questa esigenza: creare un mio spazio e condividerlo con te che leggi. Ci ho messo il cuore qui, trattalo con cura ✨
Spazio come diritto di fermarsi
In questo 2025 ho realizzato quanto è salvifico prendersi uno spazio lento, non reattivo, che non chiede performance, che fa stare bene.
Viviamo tra aspettative sociali e lavorative, stimoli continui, sovraccarichi di notifiche e impegni. Quasi dimentichiamo di bere o respirare senza che ce lo dica un’app.
In questo mondo iperconnesso e frenetico, creare (e abitare) uno spazio lento è un gesto politico.
È tempo per sé: respirare, crescere, pensare.
Le neuroscienze confermano: il cervello in assenza di stimoli riorganizza sé stesso, attiva processi riparativi, rielabora traumi.
Allora riprendiamoci i nostri spazi vuoti, quelli che ci fanno bene all’anima!
Spazio come diritto a esserci
Avere spazio significa anche poter occupare la scena pubblica, parlare senza interruzioni, vivere senza dover chiedere permesso.
Le donne - e altre soggettività marginalizzate - sono state educate a “rimpicciolirsi”, a non disturbare, a farsi da parte. Il manspreading è solo uno dei tanti esempi di come uomini e donne occupano diversamente gli spazi pubblici.
Non si tratta quindi solo di prendere spazio, ma di ripensarlo affinché tuttə abbiamo il diritto di abitarlo.
📚 Tra le righe
Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf
Nel suo saggio del 1929, Woolf parte da una domanda semplice e radicale:
perché ci sono così poche opere femminili nella storia della letteratura?
La risposta è insieme concreta e simbolica:
Se vuole scrivere romanzi, la donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé.
Le donne erano escluse dagli spazi della cultura (biblioteche, università, scrittura) e relegate a ruoli domestici. La stanza di Woolf non è soltanto un luogo concreto, ma un potente simbolo di libertà, indipendenza economica e possibilità creativa.
Questo saggio è un invito a pretendere spazio. Spazio fisico, economico, simbolico.
Avere una stanza tutta per sé significa prendersi spazio nel mondo.
🎥 Schermi da esplorare
Here, Robert Zemeckis (2024)
Un film che attraversa secoli restando fermo, dall’era preistorica al superamento della pandemia di Covid.
Tutta la narrazione si svolge da un unico punto di vista: il soggiorno di una casa americana, dove si intrecciano vite, corpi, generazioni e memorie.
Il soggiorno è lo spazio che diventa testimone silenzioso del tempo che passa e ritorna, degli affetti che si costruiscono, delle perdite che restano.
Here ci ricorda che i luoghi sono vivi. Lo spazio di una casa custodisce tempo e legami, raccoglie le nostre storie, le sedimenta e ce le restituisce.
Il diritto di contare - Hidden Figures, Theodore Melfi (2016)
Ambientato nella NASA degli anni '60, nel pieno della segregazione razziale in America, racconta la storia vera di tre matematiche afroamericane, tre menti brillanti: Katherine Coleman (matematica, informatica e fisica), Dorothy Johnson Vaughan (matematica e programmatrice) e Mary Winston (matematica e ingegnera).
Donne, nere, in un mondo bianco e maschile: il razzismo le isola, il sessismo le sminuisce.
Eppure loro (r)esistono. Calcolano traiettorie, programmano, progettano.
Con determinazione, competenze e una potente sorellanza, sfondano muri e riscrivono il loro spazio nei laboratori, nei corridoi, nelle riunioni, nella memoria collettiva.
🎧 Note in cuffia
TIDE - un’app per dormire meglio, concentrarsi e rilassarsi.
Pioggia, oceano, caminetto - tutto a portata di auricolare.
Meditazioni, mindfulness e la magica (per me) tecnica di respirazione 4-7-8 che aiuta a lasciar andare la tensione e abbassare il volume dell’adrenalina.
🔗 Echi dal web
Social detox
🧠 Dalla FOMO (“paura di perdersi qualcosa”) alla JOMO (“gioia di perdersi qualcosa”), che promuove la disconnessione consapevole e la valorizzazione dell’esperienza offline.
Due risorse per iniziare:
- un sito semplice: apri, respiri, ti rilassi e Do Nothing for 2 Minutes
- guide al benessere digitale Apple e Android
✍️ Dietro le quinte
Per me spazio è libertà. Voce. Possibilità.
Qui dentro c’è cuore, riflessione e voglia di creare legami (non algoritmi). Questo è uno spazio nostro.
🌀 La domanda del mese
Che spazio stai creando - o proteggendo - per te o altre persone, oggi?
(Puoi rispondere a questa mail, ti leggo!)
🍷 Guilty pleasure
Prova a inserire uno spazio vuoto nella tua giornata.
Magari la mattina, prima di prendere in mano il telefono. O la sera, prima di infilarti in un loop infinito di reel.
Un libro. Un tè. Un pensiero. Anche solo un attimo per dire: “ci sono”.
Il cervello e l’anima ringraziano.
📰 Notizie ai margini (ma non troppo)
Uno spazio per non perdere di vista ciò che accade: fatti del momento che meritano attenzione. Il denominatore comune? La violenza di genere.
Non è un caso. Non è un uomo. È problema sistemico e strutturale. Ne parlerò in uno dei prossimi numeri per prendermi più spazio, perché costruire e garantire spazi sicuri è una responsabilità collettiva.
Il gruppo Facebook “Mia Moglie”
Segnalato dalla scrittrice Carolina Capria: 32.000 uomini si scambiavano foto intime delle proprie partner, senza il loro consenso, come fossero beni. Donne vittime di uno stupro digitale.
Il gruppo è stato chiuso - o meglio, spostato.
🔗 WiredIl forum sessista “Phica”
Attivo dal 2005, pubblicava immagini rubate o modificate e dati personali di donne. Centinaia di denunce sono state ignorate dalle autorità per 20 anni. Il forum è stato chiuso solo ora, ma ci sono tanti altri siti e gruppi gemelli attivi. Quindi no, non è una vittoria, è la prova di un sistema che normalizza la violenza di genere online.
🔗 Il business dietro questi siti, un giro d’affari sui corpi delle donne
🔗 Silvia Semenzin: “Denunciammo Phica.net già nel 2019, ma nessuno fece niente. La legge sul Revenge porn non basta, bisogna fermare la violenza digitale”Contesti simili proliferano da anni sui social. Non dovremmo dover attendere lo scalpore mediatico perché qualcosa si muova (tanto i gruppi migrano facilmente da un dominio all’altro). Servono invece tutele concrete, interventi legislativi efficaci e un’educazione al consenso. Ne ho parlato qui 👇
🔗 Diffusione non consensuale di immagini intime: perché una legge non bastaLa denuncia di Marzia Sardo
Immagina di essere al pronto soccorso per fare una tac d’urgenza al cranio. Chiedi se sia necessario togliere il reggiseno e il tecnico ti dice “No, No. Certo, poi se lo vuoi togliere ci fai felici tutti”.
Nel luogo dove avrebbe dovuto sentirsi al sicuro, curata e accudita, una ragazza di 23 anni è diventata oggetto sessuale di un uomo. Dopo la denuncia, il copione si ripete: viene delegittimata la sua sofferenza, sminuita la molestia, lei viene accusata di aver cercato visibilità, di aver esagerato. Bentornata vittimizzazione secondaria.🔗 Le molestie in ambito sanitario non sono un fenomeno raro
🔗 Saverio Tommasi: Cari maschi, mi vergogno di noi
30 minuti di pausa dopo la rassegna…
Grazie.
A chi è qui da tempo, e a chi è arrivatə oggi.
A chi condivide, commenta, cita, silenziosamente segue.
Grazie per esserci. Davvero.
Spero ti sia piaciuto leggere questo primo numero! Se ti è venuta voglia di respirare un po’ di più, allora siamo già a buon punto.
A presto,
Giada






